Woody Allen, il 1° dicembre 2020, ha compiuto 85 anni, e anche questa volta, esattamente come ogni anno da quando lavora, ci ha regalato un nuovo film Rifkin’s Festival, rimasto intrappolato con le chiusure dei cinema in seguito alle chiusure obbligatorie dovute al Covid-19.
La classifica dei migliori film di Woody Allen
Regista, attore, musicista jazz, scrittore: un lavoratore instancabile, capace di mettere in scena dialoghi fittissimi, ipocondrie, insicurezze, ironia e introspezione, il tutto accompagnato da fotografie bellissime delle sue città del cuore: Manhattan, Parigi, Londra, Venezia e Roma, solo per citarne alcune.
Senza tralasciare le fantastiche colonne sonore di musica Jazz, che Allen ama profondamente e che lo vedono impegnato, ogni lunedì sera da una vita, a suonare il clarinetto al Michael’s Pub di Manhattan con la sua band The Eddy Davis New Orleans.
Woody Allen ha diretto e interpretato tantissimi film, ecco una classifica di quelli imperdibili.
Io e Annie (1977)
Questo film ha consacrato l’inizio della brillante carriera di Woody come regista, e gli è valso ben quattro premi Oscar, come miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura originale e miglior attrice protagonista, premio che andò all’attrice Diane Keaton.
Racconta la conclusa storia d’amore tra Annie e Alvy, interpretato da Woody, e in particolare l’affronta ripercorrendo l’inizio e la fine di tutto: come si sono conosciuti, avvicinati, amati e… lasciati. Il rapporto di coppia viene vissuto in modo divertente e altrettanto profondo, capace di mettere in risalto temi complessi, come il fatto che spesso nelle storie d’amore uno dei due apre l’altro ad una prospettiva diversa e quest’ultimo se ne appropria come se gli fosse sempre appartenuta, conflitto che si risolverebbe nella riconoscenza mentre il più delle volte l’epilogo è la rottura.
Memorabile la barzelletta finale di Alvy:
“E io pensai a quella vecchia barzelletta, sapete, quella dove uno va dallo psichiatra e dice: “Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina”, e il dottore gli dice: “perché non lo interna?”, e quello risponde: “e poi a me le uova chi me le fa?”. Beh, credo che corrisponda a quello che penso io dei rapporti uomo-donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali, e pazzi, e assurdi. Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova”.
La chiave di tutto. Il film, nel 1998, è stato inserito dall’American Film Institute fra i migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, e Io e Annie fa anche parte della classifica delle migliori cento commedie statunitensi.
La rosa purpurea del cairo (1985)
Anche questo film, vincitore di un premio oscar, come miglior sceneggiatura originale. Siamo nel New Jersey, a fine degli anni ’20. La protagonista è Cecilia, moglie di un padre-padrone, senza molta voglia di lavorare né di fare nulla. La donna, allora, per evadere dalla sua triste vita, trova conforto nei grandi schermi del cinema.
Dopo aver visto il film “La rosa purpurea del Cairo”, Cecilia ne resta così colpita da riguardarlo fino a saperlo a memoria, finché un giorno il suo personaggio prediletto, Tom, esce fisicamente dallo schermo e va da lei, avendo notato dallo schermo la sua passione e le chiede di stare insieme e lasciare il marito.
I due vivono nella vita reale fino ad innamorarsi, e nel frattempo gli altri attori del film si trovano costretti a dover aspettare Tom per proseguire con la trama del film. Ciò da vita a un caso da risolvere: se Tom non vuole rientrare nello schermo, bisogna che l’attore che lo ha interpretato lo convinca. Anche lui incontra Cecilia e, anche lui, le chiede di scappare insieme. La scelta definitiva sta a Cecilia, tra la fantasia e la realtà.
Come andrà a finire? Bisogna guardare il film, che attraverso un’idea geniale, ci apre gli occhi ad un mondo incantato per farci ritornare subito alla amara realtà.
Harry a pezzi (1997)
Harry a pezzi è un film diretto e interpretato da Woody Allen, che interpreta uno scrittore, Harry Block, che per la prima volta nell’arco della carriera si trova a fronteggiare il cosiddetto “blocco dello scrittore”.
Questo stress, lo rende come quel personaggio di quel film che era “fuori fuoco”, sfocato, e che gli darà l’ispirazione.
La sua famiglia non lo appoggia, in quanto arrabbiata con lui per mettere le loro vite all’interno dei suoi scritti alla portata di chiunque. A causa di un libro pubblicato, Harry ha fatto venire a galla tradimenti e bugie di famiglia, che hanno sconvolto tutti gli equilibri.
E così si ritrova solo, senza nessuno che voglia accompagnarlo all’Università che un tempo lo aveva espulso e che ora lo invita per conferirgli un premio per il suo lavoro.
Come sempre, Allen è in grado di mescolare vita reale e vita fantastica, incorniciando il tutto con la sua ironia che lo contraddistingue.
Basta che funzioni (2009)
Questo film Woody Allen lo ha tenuto da parte per circa trent’anni. L’idea, infatti, gli venne già negli anni ’70, e la parte del protagonista era destinata all’attore Zero Mostel, che però perse la vita prima di poter realizzare il film. Così, il ruolo di Boris Yellnikoff, è toccato a Larry David.
Boris è un uomo di mezza età, che non si porta benissimo i suoi anni in quanto rimasto zoppo dopo aver tentato il suicidio in seguito al divorzio con la moglie, fisico di fama mondiale caduto in declino che per campare insegna a giocare a scacchi ai bambini, solitario e dal brutto carattere.
La sua amata solitudine si spezza quando inciampa in Melodie, una giovanissima e dolce ragazza scappata da casa che si ritrova a New York senza soldi e un alloggio e chiede ospitalità al primo che incontra: Boris. Lui ritiene tutti inferiori a lui, lei compresa, e cerca di impartirle un’educazione culturale e solo quando quest’ultima avrà dimostrato di averne appreso i fondamenti riuscirà a convincere Boris a sposarla. Gli equilibri si rompono quando entra in scena la madre di Melodie, che le farà incontrare un attraente e intelligente ragazzo.
Un film divertente, con un personaggio protagonista molto diverso da quelli a cui Woody Allen ci aveva abituati: non si trova sullo schermo un uomo insicuro e pedante ma, al contrario, un uomo fin troppo sicuro di sé, che disprezza tanto gli uomini quanto la vita, come appare chiaro fin dal monologo iniziale di Boris Yellnikoff:
“Gli insegnamenti di Gesù sono una meraviglia, così come lo sono in origine le intenzioni di Karl Marx, ok? E come possono essere un male se tutti dividono equamente, non fate agli altri, democrazia, governo del popolo, tutte grandi idee, sono tutte grandi idee, ma… hanno tutte quante un fatale difetto: sono tutte basate sul falso concetto che l’uomo sia fondamentalmente buono, e che se gli dai l’occasione di essere onesto l’afferra, che non è uno stupido, egoista, avido, codardo e miope verme”.
Lui riuscirà a cambiare Melodie, e lei riuscirà a far vedere il mondo più roseo al pessimista Boris Yellnikoff?
Magic in the moonlight (2014)
Già nel titolo si comprende l’ambito, ma la magia di questo film non sta solo nei giochi di prestigio, ma anche nella bellezza delle location, l’eleganza dei costumi, e nell’incantevole attrice protagonista: Emma Stone.
Oltre a lei, magistrale l’interpretazione di Colin Firth, che veste i panni dell’illusionista Stanley Crawford, incaricato da un collega di smascherare Sophie Baker, Emma Stone, che si mostra al mondo come sensitiva, in grado di aiutare molte persone in giro per il mondo, accompagnata dalla madre, nonché sua manager.
Crawford, col suo enorme successo, aveva già smascherato in passato altre presunte medium, e pensa di fare lo stesso con Sophie. Purtroppo per lui, non ci riuscirà, perché chi non avrebbe mai immaginato tramava alle sue spalle.
Non solo: non sarebbe mai stato possibile non innamorarsi della ragazza dai grandi e bellissimi occhi, Sophie.
Questo film mette in scena una bellezza ed un’eleganza rara, e riflette una delle passioni di Woody Allen, ovvero quella per la magia e per i giochi di prestigio.
Il cast contribuisce alla bellezza del film, assolutamente da non perdere.